Nella nostra provincia in pericolo 9.080 aziende e un terzo circa dei lavoratori
Manca pochissimo all’11 dicembre, giorno in cui l’Unione Europea dovrà prendere una decisione a proposito del MES Cina, ovvero della concessione dello status di economia di mercato alla Cina. Nel caso in cui l’UE dovesse riconoscere tale status alla Cina, le conseguenze sarebbero drammatiche: per le piccole e medie imprese europee si stima una perdita di 3 milioni di posti di lavoro, 400 mila solo in Italia. Le aziende cinesi, infatti, possono vendere a prezzi stracciati i loro prodotti grazie all’intervento massiccio dello Stato nell’economia e a standard ambientali e sociali bassissimi. Fino ad oggi gli Stati europei sono stati protetti da un sistema di dazi anti-dumping, ma qualora alla Cina fosse riconosciuto lo status di economia di mercato, tali dazi verrebbero meno.
Nella provincia di Treviso risentirebbe del MES una parte rilevante del tessuto imprenditoriale e occupazionale, rappresentata in particolare dalle aziende dei settori tessile, metallurgico, chimico (plastica e gomma). Si tratta di un settore che interessa 9.080 aziende del territorio trevigiano che nel 2015 hanno esportato in Europa prodotti per 5.026 milioni di euro (10.727 milioni in tutto il mondo), che coinvolge un numero di addetti pari a 102.502 (34% della forza lavoro in provincia di Treviso) e che garantisce retribuzioni ai dipendenti per 2.616 milioni di euro (fonti: Istat, Inps, ICE).
Proprio in considerazione delle pesantissime ricadute sui Paesi europei, e in particolar modo sull’Italia, gli europarlamentari del MoVimento 5 Stelle, nel disinteresse generale, sono stati i primi a sollevare il problema e sono stati promotori di un gruppo di interesse che ha coinvolto ben 70 parlamentari europei di 16 diverse nazionalità. Hanno inoltre organizzato una contro consultazione pubblica per ascoltare la voce di tutti i cittadini (http://www.meschinawhynot.eu/) e hanno girato l’Italia con una campagna informativa sui rischi del MES Cina.
Tali sforzi hanno portato a una reazione da parte della Commissione europea, che ha presentato una proposta di modifica della normativa comunitaria che introduce nuovi criteri, quali le distorsioni di mercato, ma che di fatto va nella direzione della concessione del MES alla Cina. Adesso il Parlamento europeo sarà chiamato ad esprimersi ma la proposta della CE è tardiva: a pochi giorni dalla scadenza dell’11 dicembre, infatti, non ci sono i tempi tecnici per trasformarla in qualcosa di concreto. Cosa accadrà dunque dal 12 dicembre? Questo resta un grosso punto interrogativo. La Commissione sostiene che verrà garantita una transizione razionale e trasparente al nuovo sistema applicando la regola del “grandfathering”, secondo la quale si continuerebbe ad applicare la normativa precedente alle situazioni pendenti, mentre quella nuova si applicherà ai nuovi casi sorti dopo la sua entrata in vigore. Tuttavia da più parti si sostiene che la regola del grandfathering non sarà applicabile e che si aprirebbe la strada assai pericolosa dei contenziosi con le aziende cinesi in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).
Nell’attesa di una risposta definitiva a tale interrogativo, il futuro delle piccole e medie imprese italiane e trevigiane resta a rischio.
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